Giancarlo Centi, leggenda del Como 1907, in una recente intervista ha analizzato a 360 gradi il mondo del settore giovanile del Como 1907. Centi, con un racconto diretto, ha condiviso i momenti significativi della sua carriera, sottolineando il ruolo centrale della squadra lariana nel suo percorso.
Dodici anni di permanenza nel club da giocatore, il Como è tutto per lui: “Ho realizzato il mio sogno calcistico da bambino e il Como mi ha dato l’opportunità di giocare in Serie A. Ho trascorso una parte significativa della mia carriera con la maglia azzurra, per un totale di 12 anni, rendendolo il capitolo cruciale del mio percorso calcistico”. Centi riconosce candidamente gli alti e i bassi, come la retrocessione dalla Serie B alla Serie C in giovane età, seguita da un trionfale ritorno in cadetteria l’anno successivo.
Il percorso di Centi passa senza soluzione di continuità dalla sua carriera di giocatore al ruolo nel settore giovanile del Como 1907. Poi, cinque anni fa, il direttore generale Carlalberto Ludi ha richiamato Centi a dirigere l’academy, che era praticamente inesistente. Nonostante le difficoltà, sono state organizzate rapidamente cinque squadre. Centi ha sempre sottolineato l’importanza della passione per il proprio lavoro e l’importanza del raggiungere gli obiettivi che ci si pone passo dopo passo. “Mi sono sentito ricco perché la vera ricchezza è quando ci si sveglia al mattino sapendo di avere qualcosa di importante da fare”.
Non si tratta di un semplice lavoro, ma di una vocazione, le lezioni sul campo diventano le fondamenta di una missione che va oltre i risultati individuali. La filosofia di Centi si estende al di là dello sviluppo sportivo per arrivare a un approccio olistico nella crescita dei giovani.
L’attenzione non deve mai essere troppo focalizzata su una piccola percentuale di giovani che diventano calciatori professionisti, ma sulla maggioranza – il 90-95% che non lo farà diventare il proprio lavoro. Come dice Centi: “Ognuno di noi contribuisce interamente ai giocatori, ma i miglioramenti vanno oltre le semplici abilità calcistiche. Perché c’è solo un 10% di possibilità di diventare un calciatore professionista. Negli ultimi anni, questa percentuale è diminuita ulteriormente, quindi dobbiamo prestare attenzione a quel 90%-95% che non avrà questa opportunità”.
In conclusione, Centi sottolinea l’importanza di un messaggio educativo unitario da parte di allenatori, insegnanti e famiglie, sottolineando l’impatto duraturo che questo avrà sulla personalità dei giocatori. “Formiamo loro, ma formiamo anche noi stessi” è la frase che racchiude il rapporto reciproco nello sviluppo dei giovani, sottolineando il continuo apprendimento e l’evoluzione degli educatori attraverso l’esperienza.
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