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CALCIO

La creazione di Nico Paz

Mente calma, gioco deciso

C’è qualcosa di pacato in Nico Paz. Nel modo in cui si muove, nel modo in cui parla. Non cerca l’attenzione: la controlla. A Como ha trovato il suo ritmo. Vive con discrezione, si allena con dedizione e gioca con un senso preciso del proprio ruolo.

“La mia famiglia mi ha sempre aiutato molto fin da bambino”, racconta. “La cosa più bella è che nessuno mi ha mai messo pressione. Mi hanno sempre lasciato libero di fare ciò che volevo.”

Quella libertà ha tracciato il suo percorso. Nato a Santa Cruz de Tenerife nel 2004, figlio dell’ex nazionale argentino Pablo Paz, Nico è cresciuto in una casa dove il calcio era parte della vita, ma mai un peso. Ha iniziato nel settore giovanile del Tenerife, prima di approdare al Real Madrid a undici anni. Un passo che lo ha costretto a maturare in fretta.

“Il passaggio da Tenerife a Madrid è stato enorme”, ricorda. “Ero molto giovane ed è stato difficile all’inizio, perché venivo dall’isola, con i miei amici e la mia famiglia. Andare a giocare nel Real, lontano da tutti, è stata una tappa importante della mia crescita, e la ricordo con affetto.”

Anni dopo è arrivato un altro cambiamento, questa volta verso il Como 1907. “Trasferirsi in un altro Paese e in un altro club, soprattutto dopo una realtà grande come quella del Madrid, è una grande sfida. Ma per fortuna sono venuto con la mia famiglia, e questo ha reso tutto più normale. Si sente davvero la differenza tra il calcio spagnolo e quello italiano: la lingua, il cibo, tutto. Ma onestamente mi sono adattato molto bene e mi piace davvero la vita qui a Como.”

L’adattamento, in effetti, è diventato uno dei suoi punti di forza. In campo legge il gioco con calma e precisione; fuori, ha trovato serenità in un ritmo più lento. “Quello che mi piace di più è stare a casa e rilassarmi”, dice. “La zona in cui vivo è tranquilla e bellissima. Mi piace andare al lago e visitare i paesi intorno a Como. Milano è vicina, la Svizzera anche. Ma soprattutto mi piace stare a casa, rilassarmi e fare una passeggiata.”

Si illumina quando parla dei compagni. “Abbiamo un bel gruppo, anche perché ci sono diversi giovani che parlano spagnolo: Assane, Jacobo, Maxi, Álex Valle, Jesús. Scherziamo molto, giochiamo, ci aiutiamo a vicenda.” È quell’equilibrio tra amicizia e concentrazione a definire la squadra che Cesc Fàbregas sta costruendo.

Paz ricorda con chiarezza la partita che ha segnato una svolta. “Direi quella contro l’Atalanta, lo scorso anno. È stato il momento in cui ci siamo resi conto che il progetto avrebbe funzionato. Quella vittoria, su quel campo, ha segnato davvero l’inizio della rinascita del Como.”

Lo dice con naturalezza, senza enfasi. La sicurezza nella sua voce rispecchia il suo modo di giocare: essenziale, misurato.

Fuori dal campo, vive in modo semplice. “Per staccare, vado spesso a Barcellona, dove vive la mia ragazza. È un modo per allontanarmi un po’ dal calcio. Quando sono lì, mi rilasso.” Quando resta a Como, trascorre il tempo libero a casa. “Faccio un pisolino e gioco alla PlayStation. Ora sto giocando molto al nuovo FIFA, e uso sempre il Como nella modalità carriera.”

Ride mentre lo dice. In lui c’è ancora il ragazzo innamorato del gioco, anche se la versione professionista di sé stesso continua a crescere. “Sono rimasto sorpreso da quanto Como sia bella”, aggiunge. “Pensavo fosse più piccola, invece è grande e ci sono molte cose da fare. Il posto che mi ha colpito di più è Menaggio. Ci sono andato con la mia ragazza e me ne sono innamorato. Quella parte del lago è splendida.”

In campo, sotto la guida di Fàbregas, è cresciuto molto. L’allenatore lo descrive come “un giocatore che vede il calcio due secondi prima degli altri”. Nico ascolta, impara, applica.

Alla domanda su chi lo ispiri, la risposta è immediata: “Messi”, dice. “Capisci la mentalità che serve per fare ciò che ha fatto il miglior giocatore della storia. Vuole sempre esserci in ogni partita, segnare, non essere mai sostituito. Quella mentalità è fonte di ispirazione.”

È la stessa mentalità che lo lega alla città e ai tifosi. “Sento l’affetto della gente quando cammino per strada e i bambini mi chiedono una foto. Si emozionano quando li saluto, e questo mi fa stare bene. Ti fa capire che stai facendo le cose giuste. In campo, la fiducia che la gente mi trasmette mi fa sentire a casa. Mi aiuta a giocare meglio.”

Nico Paz ha ventun anni, ma parla con la maturità di chi ha già vissuto molto. Da Tenerife a Madrid, fino a Como, la sua storia non è fatta di clamore o pronostici: è una storia di lavoro, fiducia e della calma convinzione che il talento cresce meglio quando gli si dà il tempo di farlo.