LIFESTYLE
Intervista con Davide Van De Sfroos
Venticinque anni di carriera da solista che festeggia nel 2024 con un concerto al Forum di Assago e un disco, “Van De Best”, che raccoglie i suoi grandi successi, Davide Van De Sfroos, pseudonimo di Davide Bernasconi, cantautore, chitarrista e scrittore comasco, si racconta a Blu, tra musica, lago e l’amore per il Como 1907.
Van De Sfroos nel dialetto locale significa “vanno di frodo”, “vanno di contrabbando”. Ed è proprio il dialetto che Davide ha scelto per raccontare in musica le storie del lago di Como, dei suoi personaggi e dei luoghi del cuore.
Nato a Monza, ma trasferitosi da piccolo con la famiglia a Mezzegra, sul lago di Como, Davide ha portato la sua arte fuori dai confini comaschi, calcando moltissimi palcoscenici, tra cui quello del Festival di Sanremo, nel 2011, con il brano Yanez, classificatosi al quarto posto.
Una passione per la musica, quella di Davide, che è “radicata fin da bambino, qualcosa che mi invadeva”. Della sua carriera da cantante, Van De Sfroos dice: “Non mi sarei mai immaginato di salire su un palco, perché da piccolo ero sì socievole, ma anche abbastanza schivo. La passione però è stata più forte della timidezza, e ora eccoci qua”.
Per raccontare il lago e le sue storie, la scelta del dialetto è stata naturale: “Quando capisci cosa vuoi raccontare, ti rendi conto che se, per cantarla, usi il folk rock e la lingua nella quale quella cosa accade, allora tutto è magico. Se invece devi tradurla, spiegarla, le togli qualcosa e rendi il percorso meno lineare”.
Quando ha iniziato a cantare, Davide non si aspettava di raggiungere questo successo. Racconta di essere partito come un bambino che sente un richiamo e si butta senza pensarci, poi però, “mi sono reso conto man mano che le storie che cantavo avevano una potenza incredibile ed entravano nelle persone che venivano a contatto con esse. Mi sono ritrovato a rappresentare un luogo, un territorio, una lingua, un modo di essere. E a rappresentare anche la squadra di calcio”.
Una canzone di Van De Sfroos, Pulenta e galèna frègia, uscita nel 1999 nell’album Brèva e Tivàn, è diventata, infatti, ormai da tempo, uno dei cori più rappresentativi del tifo biancoblù. Presa dai tifosi del Como 1907 e trasformata in canzone da stadio, sentirla cantare, come inno, dalle gradinate, in casa e fuori, crea in Davide – che sin da piccolo ha il Como nel cuore – un’emozione particolare: “Ho visto il Como in C, in B e l’ho visto arrivare in A. C’è stato un tempo in cui, in serie A, lo seguivo come inviato della trasmissione Quelli che il calcio, sia in casa sia in trasferta. Ora, di nuovo in A, sento tutta l’agitazione di questa nuova serie”. Una versione rivisitata di Pulenta e galèna frègia, e mixata con le voci dei alcuni tifosi, è stata e presentata in occasione dell’ultima partita del campionato 2023/2024 che ha suggellato la promozione del Como 1907 in A.
Al centro dell’opera di Van De Sfroos sono le storie delle persone e dei luoghi che fanno parte dell’esperienza di chi vive il lago di Como e il suo territorio. Sono molti i posti che Davide consiglia di visitare. Tra i borghi di Colonno, Sala Comacina, Ossuccio, Lenno, Mezzegra, Tremezzo e Griante, “la Greenway del Lago di Como permette di attraversare un paradiso. Poi ci sono i luoghi un po’ più misteriosi come il Praa de la Taca e la Madonna del Soccorso”. Sulla sponda di fronte, “il Monte Piatto e le zone sopra Palanzo”. Visitare significa “entrare all’interno dei misteri dei paesi che costeggiano il lago”. Il lago porta anche a spingersi fino ai piedi della Valtellina e poi verso Porlezza e la Val d’Intelvi: “Ognuno trova i propri angoli preferiti, anche nascosti, che magari non racconta per evitare che si riempiano troppo”. Ci sono poi i Monti di Nava, l’Alpe di Colonno e Boffalora che fanno parte di un luogo, il territorio del lago di Como, “che il mondo ci invidia e dove il mondo arriva, passa e dove personaggi importanti e popolari hanno comprato case e ville”.
Accanto ai posti più frequentati, ci sono poi “quei luoghi vissuti da coloro che vivono a contatto con la terra, con l’agricoltura, secondo i modi antichi e i canoni del mondo rurale”. E parte di questa tradizione sono anche i sapori della cucina: “Se si trova il posto giusto e le persone che sono ancora in grado di cucinare come una volta, anche un semplice piatto di polenta e brasato o di polenta uncia, o anche solo dei pesci in carpione messi in conserva prendono il sapore di un tempo”. Per Davide, ritrovare i gusti di quando era bambino “è un po’ come ascoltare una canzone che è stata la colonna sonora della gioventù”.
Da piccolo Davide, dal lago, da Mezzegra, scendeva spesso in città, dove vivevano i suoi nonni paterni: “A Como stavo anche delle settimane, per me era la grande città di riferimento. Ricordo che salivo verso Garzola”. Tra i luoghi preferiti da dove ammirare la città, il faro di Brunate: “Arrivare lì al tramonto, quando tutto diventa rosso e guardare giù riuscendo a dominare tutta la città è meraviglioso. Ho ricordi già da piccolo, quando a 6 o 7 anni incameravo già emozioni da questo territorio incredibile”.
Tra le sue canzoni, che parlano di lago, di storie, persone e luoghi, pace, guerra, amore e vita, Davide non ne ha una preferita: “Posso essere affezionato ad alcune perché, quando le ho scritte, volevo approfondire alcuni argomenti. Tutte però hanno una valenza importante. Se non l’avessero, non sarebbero diventate canzoni. Ecco perché è molto difficile, in questo mosaico che da 25 anni è diventata la mia storia, trovare un tassello che sia più importante di altri”.
Se non è possibile cambiare le sorti di un mondo in cui ci sono ancora molte paure, la musica, conclude Van De Sfroos, è un modo per aiutare chi la ascolta: “Noi che cantiamo canzoni, che scriviamo poesie una cosa la possiamo fare: far uscire un’energia che, arrivando alle persone, le faccia stare meglio”.