Salta al contenuto

PROFILO DEL GIOCATORE

Un’intervista con il bomber del Como

Alessandro Gabrielloni

Il sorriso genuino di chi sa di essersi conquistato tutto sul campo con sacrificio, la storia di chi non ha mai mollato ed è pronto a combattere per raggiungere i suoi obiettivi, il calore delle voci dei tifosi quando entra in campo, questi sono alcuni dei tratti che descrivono al meglio il numero 9 del Como: Alessandro Gabrielloni. 

Partito da una piccola cittadina delle Marche, nel cuore del centro Italia, il nostro Underdog si racconta al Magazine del Como 1907. È il 2019 quando arriva a Como per la prima volta e nella sua seconda stagione, sulle rive del Lario, si afferma il Bomber dei Lariani. Ci racconta della sua laurea in economia conseguita nel 2020 con i pantaloncini del Como, la sua passione per la lettura e l’importanza che la sua famiglia ha per lui. 

Ciao Alessandro, ci racconti dei tuoi inizi?

Sono cresciuto nelle Marche, a Jesi, in una famiglia numerosa e molto unita. Ho giocato due anni nel settore giovanile dell’Ancona, che in quel periodo militava in Serie B, poi la squadra è fallita e sono tornato alla Jesina, squadra del mio paese. Dopo un paio di mesi mi hanno portato in prima squadra in Serie D, a 16 anni. Finite le superiori ho giocato per un anno a Macerata.

A differenza di molti giocatori, hai fatto tanta gavetta nelle serie minori.

Ho lavorato tanto per migliorarmi in tante cose. Mi ponevo dei piccoli obiettivi in modo da poter essere sempre un giocatore migliore, credo che questa sia stata la mia forza e mi ha permesso di maturare molto.

Il grande salto è arrivato col Como, anche se ci è voluto un po’ di tempo.

Mi ricordo il primo giorno che sono arrivato qui. Era l’inverno del 2019, pioveva e  faceva freddo. Sapevo che era un’occasione molto importante. Avevo tanta voglia di giocare e fare goal. Ora sento che Como è un po’ casa mia. Sento che qui c’è un affetto particolare per me e coi tifosi si è creato un grosso legame del tutto spontaneo che ogni volta mi colpisce nel profondo del cuore.

Nonostante non sia arrivata subito la promozione hai deciso di rimanere. 

Avevo delle sensazioni positive quindi non ci pensai molto. Mi sono detto “perché cambiare quando ti trovi bene?”. Andò bene, vincemmo il campionato ma fu una stagione molto lunga e difficile, non avevo mai vinto un campionato ma ero arrivato molte volte secondo, questo mi bruciava tanto.

Due anni al Como in Serie C, con tanti goal e una nuova consapevolezza.

Al secondo anno a Como ho veramente realizzato che il calcio sarebbe stato il mio lavoro. In quelle due stagioni è nato un gruppo molto forte, che è andato contro ogni difficoltà e alla fine ha vinto. Mi allenai tutta l’estate, anche per far ricredere chi pensava che fossi solamente un giocatore di Serie D.

E poi c’è stata la partita della vittoria del campionato con l’Alessandria. Cosa provi ripensandoci oggi?

Il momento più bello della mia carriera. Il giorno prima ero molto tranquillo, cosa che mi invidiava molto Ale Bellemo (capitano del Como). Solitamente non vivo con tranquillità il pre-partita, la tensione mi aiuta a dare il meglio di me. Avevo una nuova consapevolezza di me. Negli anni precedenti mi sono sempre posto dei limiti. Non mi sono mai accontentato, ma forse non avevo idea di quanti margini di miglioramento avevo. Ora penso solo a guardare avanti, senza pormi limiti.

Arrivato in Serie B ti sei nuovamente dovuto scontrare con chi pensava non fossi adatto a questo campionato.

Una cosa che non è mai mancata è stata la fiducia dei miei compagni e della società, questo ti fa lavorare bene.

Dopo tutto questo tempo a Como: i 100 goal in carriera.

Sono felice, volevo davvero tanto il goal. È stato bello farlo in una partita fondamentale, con un gol decisivo al 90° minuto seguito da un abbraccio collettivo con tutta la squadra, contro il Feralpisalò. Erano otto mesi che non segnavo in campionato e la cosa cominciava a pesare.

Nel percorso è arrivata anche una laurea in economia.

Sì, con una tesi sul “Cambiamento demografico e le implicazioni macroeconomiche in Italia”. Mi sono messo a studiare perché non sapevo se sarei diventato un calciatore e perché, i miei genitori ci tenevano molto e mi hanno sempre supportato. Mi sono laureato in economia a Macerata. Ci ho messo un po’ ma alla fine la laurea l’ho presa ed è stata un’enorme soddisfazione. Era il 2020 e con il lockdown è stato strano, non avevo neanche l’abito. Discussi la tesi con una camicia, da remoto davanti al PC, sotto i pantaloncini da gioco del Como, tanto la webcam non li avrebbe inquadrati (ride).

Nel tempo libero invece cosa fai?
Seguo tanti sport soprattutto il Basket, dall’NBA fino ai campionati Europei e italiani. Cerco di leggere quando sono a casa e ho tempo libero. Ho appena finito 1984 di Orwell e la biografia di Obama. Mi piace, mi rilassa e mi apre la mente. In trasferta invece gioco a carte coi miei compagni.

Che cos’è per te la felicità?

Rispondo con due cose. La palla che entra in rete e tutto quello che ne deriva e le domeniche a pranzo con tutta la mia famiglia.