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Mr Save the Wall: “Ognuno è le scelte che fa”

“Da seduto ho avuto tante idee, ma è alzando il culo che le ho realizzate”. Pierpaolo Perretta è un artista poliedrico, le cui opere richiamano mostri sacri come Banski o Damien Hirst, e con una storia molto particolare che inizia a Como, la sua città.

Un lavoro come Manager, un ottimo stipendio, vari benefit ma anche la costante sensazione di essere un leone in gabbia: “Mi approcciavo all’attività con fantasia e creatività, perché penso che i problemi si risolvano innanzitutto con l’immaginazione, con il guardare da una prospettiva diversa. Purtroppo, a volte questa vivacità si scontra con visioni differenti”.

La creatività però è un fiume, e non si può fermare l’acqua con le mani: “Volevo lasciare dei messaggi, era qualcosa che sentivo dentro di me e che volevo esprimere, avevo tutte le bombolette spray occorrenti, ma la prima volta che mi trovai di fronte a un muro non ce la feci. Era bello così e andava preservato secondo il volere di chi l’aveva costruito. Così recuperai dei cartoni da degli scatoloni e su questi iniziai a scrivere i miei messaggi. Li attaccavo con lo scotch sui muri della nostra città, firmandomi Mr. Save The Wall, l’uomo che salva i muri, appunto”.

Il lavoro di Perretta ottenne subito grande interesse e le cronache nazionali lo battezzarono anche come “il writer gentiluomo”. Per un periodo rimase nell’anonimato, continuando a vestire i panni da manager. “Lasciavo messaggi, anche un po’ provocatori, e presto i miei lavori hanno iniziato ad essere riconosciuti per il loro valore artistico”. I disegni e le opere si fecero sempre più elaborati e sempre con un messaggio di riflessione dietro ad esso.

Il passo fu breve e deciso: “Poco dopo mi rivelai, mi licenziai, e iniziai la mia attività di artista aprendo il mio atelier dove giorno e notte davo grande sfogo al mio lato creativo che è sempre stato da autodidatta. Da Geppetto che compra pinocchio all’Ikea passando per l’uccellino che prova a dialogare con il logo di twitter fino alla più celebre opera dell’autore “Kiss Me”, un ranocchio in giacca e cravatta che ci mette in guardia dalla differenza tra il modo di porsi e il modo di essere”.

L’Atelier ha successo immediato, ma tutto cambia veramente quando viene notato da Ingrid Williams, autorevole firma del New York Times, che lo inserisce nelle 15 cose da vedere in 36 ore a Como e che gli permette di ottenere un riconoscimento importantissimo a livello mondiale.

Tutto nato sulle rive del lago: “Como ha le radici ben piantate nel lago ma i rami che arrivano in tutto il mondo, ha una vocazione internazionale che poche città al mondo possono dire di avere e questo è molto bello. Di questo club mi piace la vocazione artistica, che si ritrova sulla bellissima maglia da gioco e l’attenzione per il sociale”.

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